di Goffredo Palmerini*
LA TARGA SOCRATES PARRESIASTES - EDIZIONE 2007
LA MALDICENZA, QUANDO DIVENTA VIRTU’ CIVICAdal capoluogo.it 19 gennaio 2007
di Goffredo Palmerini*
L’AQUILA – Affonda le sue radici nel Trecento la festa aquilana di Sant’Agnese, solennità popolare tutta laica che ha il suo apice il 21 gennaio d’ogni anno, ma che si svolge sin dai giorni precedenti. Sant’Agnese, la giovane vergine martirizzata a Roma intorno all’anno 250 d.C., poco o nulla in effetti c’entra in questa festività civile completamente votata alla Maldicenza, se non per il fatto che in un monastero dedicato alla santa - sito nei pressi di porta Branconia, una delle dodici della cinta muraria urbica - venivano ospitate le ”malmaritate”, donne da redimere - le prostitute del tempo - che di giorno prestavano servizio in umili faccende domestiche nelle dimore dei signori e potenti della città, mentre a sera rientravano nel monastero dov’avevano ospizio.Ma il 21 gennaio, giorno della ricorrenza canonica di Sant’Agnese, all’Aquila era proibito lavorare. Le malmaritate si ritrovavano nelle bettole della città, insieme al popolo minuto, per dire il male fatto dai signori e potenti presso i quali erano al servizio, mentre critiche non erano consentite sulle istituzioni civili, pena l’esilio perpetuo e il taglio della lingua, secondo l’editto vescovile del 1430. Questa strana festa, solamente aquilana e rigorosamente riservata ai cittadini “intus moenia”, ha elevato per secoli la maldicenza a virtù civica.
La singolare tradizione Agnesina della maldicenza, infatti, rifugge dal pettegolezzo. E’ invece critica fortemente mordace, sincera e costruttiva, con spiccate venature d’ironia, nel dire la verità in assoluta libertà. Insomma, un ulteriore elemento della forte impronta libertaria della comunità aquilana che caratterizzò, sin dalla fondazione, lo spirito autonomistico e ribelle della nuova città edificata da 99 castelli del circondario. La festa, tramandata nei secoli attraverso le “confraternite “ popolari, nell’ottocento si arricchì anche con circoli borghesi e nobili. Il regime fascista, che di tale festività ebbe sempre timore per il suo spirito libertario, ne distrusse storia e consuetudine. Solo nel 1959 risorse l’antica confraternita dei Devoti di Sant’Agnese “Sancta Agnes Garrulorum Praesidium”, intorno alla quale sono poi rinate 150 altre confraternite, alcune di sole donne, che il 21 gennaio d’ogni anno si riuniscono intorno a tavole lautamente imbandite “maldicendo”, ossia dicendo “male del male” secondo l’atavica libertà civile aquilana, e per confermare o rinnovare nelle cariche “priori e badesse”.
La festa è spiccata a rinnovato fulgore da alcuni anni, grazie all’iniziativa del Pianeta Maldicenza, sodalizio che alla storica confraternita dei Devoti di Sant’Agnese affianca le più prestigiose istituzioni culturali della città (Accademia dell’Immagine, Istituto Cinematografico “La Lanterna Magica”, I Solisti Aquilani, Istituzione Sinfonica Abruzzese, Società dei Concerti, Teatro d’Innovazione “L’Uovo”, Teatro Stabile Abruzzese). La tradizionale festività s’è infatti arricchita di numerose iniziative artistiche e culturali, con la partecipazione di grandi personalità della vita pubblica (Francesco Cossiga, presidente emerito della Repubblica), accademiche (Francesco Compagnoni, rettore Angelicum Roma, Ferdinando Di Orio, rettore Università dell’Aquila, Daniela Marcheschi, docente Università di Perugia, Giuseppe Pennisi, Scuola Superiore Pubblica Amministrazione), e del mondo dell’informazione (Bruno Vespa e Antonio Caprarica - Rai, Armando Massarenti - Sole 24 Ore, Marc Semo - Liberation Parigi, William Ward – Panorama Londra, Savik Shuster, Tv Mosca).
A partire dal 2007 viene assegnata la Targa “Socrates Parresiastes” ad una insigne personalità, italiana o straniera, che si sia particolarmente distinta, con il dire o con l’agire, nell’eroica virtù della parresia. Nel 1983, un anno prima di morire, il filosofo francese Michel Foucault tenne all’ Università di Berkeley, in California, un corso intorno alla problematizzazione della parresia, una virtù comparsa nel quinto secolo avanti Cristo, di cui mille anni dopo si persero le tracce. Foucault non studiava la storia delle idee, bensì la loro influenza ed evoluzione nelle società, con i relativi riflessi sui costumi pubblici e privati. Prima della parresia, Foucault aveva trattato della problematizzazione della follia, della giustizia, del sapere e del sesso.
Le sue ultime lezioni sulla parresia, che grande risonanza ebbero in America ed in Europa, furono raccolte nel volume Discorso e verità nella Grecia antica, curato nella traduzione italiana da Remo Bodei, con una prefazione assai pregevole. Come ben espone in una sua relazione Tommaso Ceddia, presidente dell’associazione Devoti di Sant’Agnese, parresia è un termine derivante dal greco che letteralmente significa “dire la verità”. Comparsa per la prima volta con Euripide, con Socrate parresia perse il significato di pratica personale finalizzata all’utile privato, tipica dei sofisti, per esprimere invece l’attitudine critica e dialettica volta a conquistare e diffondere la verità, con schiettezza e coraggio, nelle comunità. Risolvendo due questioni di fondo: da un lato la capacità di riconoscerla, compito questo riservato alla logica, alla scienza ed alla religione; dall’altro il problema del diritto-dovere di dire la verità. Ma chi di tale diritto-dovere è depositario? Quali conseguenze può avere su morale, politica e potere? Quale rilevanza possono assumere nelle società i parresiasti, cioè coloro che hanno il coraggio di dire la verità e di viverla, con franchezza ed autorevolezza?
Foucault non ebbe dubbi nel riconoscere in Socrate il primo parresiasta, definendo il principio di ciò che oggi chiamiamo “critica”. Successivamente Platone riferì la parresia al consigliere del monarca, mentre Aristotele n’ebbe timore, giacché pensava che nelle democrazie la libertà di parola dei parresiasti avrebbe potuto essere motivo di disordini. Diogene la praticò in maniera radicale sfidando il potere, Seneca ne insegnò i criteri morali.
Infine il Cristianesimo, con la verità affermata fino al martirio, la coltivò nell’amore verso il prossimo e nell’edificazione dello spirito. Il cardinal Martini, anni fa a Milano, ne segnalò la necessità contro l’accidia pubblica, mentre il cardinale Ratzinger ne raccomandò la pratica, in occasione della presentazione dell’enciclica Scienza e Fede di Giovanni Paolo II. Sempre, ma particolarmente nel difficile tempo che viviamo, v’è bisogno di persone che sappiano dire la verità, con coraggio e sincerità, sapendola testimoniare con l’esempio della propria vita.
Quest’anno il Consiglio Direttivo del Pianeta Maldicenza ha deciso di assegnare la Targa “Socrates Parresiastes” al prof. Remo Bodei, per aver diffuso in Italia il significato di parresia e “per averla sempre onorata, nella vita di studioso e maestro”.
Remo Bodei è nato a Cagliari, nel 1938. Filosofo, è docente all’ University of California, Los Angeles, dopo aver insegnato filosofia ed estetica alla Normale e poi all’Università di Pisa. Laureatosi all’Università di Pisa, ha studiato a lungo l’idealismo tedesco e la filosofia di Hegel. Ha perfezionato gli studi a Tubinga, Friburgo, Heidelberg e Bochum. Ha poi frequentato poi gli atenei di Cambridge, Ottawa, New York, Toronto, Città del Messico e Los Angeles. Ha tenuto conferenze nelle università europee, americane ed australiane e scritto numerosi libri su temi filosofici, tradotti in molte lingue. Frequenti le sue collaborazioni con la stampa e la televisione, per la diffusione della filosofia.
La Maldicenza aquilana della tradizione agnesina, se non ha l’ambizione d’incarnare la parresia nella compiutezza degli aspetti filosofici, ha tuttavia sempre cercato d’assumere una funzione civile e comunitaria. Parlar chiaro davanti a tutti per attestate un bene comune, o difenderlo con forza, senza calcoli di convenienza o interesse personale, è dunque qualcosa che confina molto con la parresia. Dire la verità con libertà, non mentire, non adattare le proprie convinzioni all’occorrenza, ma esprimerle con coraggio e dignità.
Questa “virtù civica” si pratica all’Aquila nella festa di Sant’Agnese. Grande, anche quest’anno, è la partecipazione al concorso, in lingua o vernacolo, con opere sul tema della maldicenza. Una giuria artistica ed una giuria popolare sorteggiata tra i presenti in teatro, assegnano al vincitore l’Agnesino dell’Anno. Ma tutti gli elaborati trovano, come sempre, la dignità d’essere rappresentati nella speciale serata del 19 gennaio al teatro comunale, da attori professionisti o improvvisati, con l’accorta preparazione di Maria Cristina Giambruno, regista del Teatro d’Innovazione “L’Uovo”. Dell’ Orchestra Sinfonica Abruzzese il concerto del 20 gennaio. Per una sera, dismesso il repertorio classico, la Sinfonica si cimenta con le note delle più belle canzoni di Sanremo.
Numerose le iniziative collaterali: la Maldicenza che sposa la beneficenza, con opere di sostegno al Centro Oncologico dell’Ospedale Civile, l’agape nel cortile di Palazzo Margherita d’Austria, sede municipale, con dolci e vin brulé, preparati dagli Alpini della Sezione Abruzzi dell’ANA, e la presentazione del menù di Sant’Agnese, riscoperto negli antichi sapori dall’Istituto Alberghiero dell’Aquila. Davvero una grande festa di popolo.
*componente del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo
(gopalmer@hotmail.com)
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